Chiarimenti sulla questione delle carni rosse.
Franco Berrino, Associazione La Grande Via
Gli studi epidemiologici hanno coerentemente mostrato che il consumo abituale di carni rosse e di carni lavorate conferisce un rischio aumentato di ammalarsi di diabete, di infarto, di cancro, in particolare di cancro dell’intestino, ma più studi hanno suggerito un rischio anche per il cancro dell’esofago, dello stomaco, della prostata e della mammella.
Analizzando congiuntamente gli studi sul cancro dell’intestino si è calcolato che consumare in media al giorno 100 grammi di carni rosse o 50 grammi di salumi aumenta il rischio del 18%. In pratica, se fra chi non mangia carni rosse o ne mangia solo occasionalmente il rischio di ammalarsi nel corso della vita è di circa il 5%, ci mangia 100 grammi al giorno avrà un rischio del 6%, chi ne mangia 200 (o 100 grammi di salumi) del 7%; chi mangia una bistecca di 200 grammi al giorno e un panino con 50 grammi di salame avrà un rischio dell’8%, e così via. Non c’è rischio associato al consumo di carni bianche, né al consumo di pesce; più studi, anzi, hanno riscontrato una significativa protezione da pesce.
Con tutta probabilità il fattore principale che spiega perché le carni rosse concorrono a causare il cancro dell’intestino è la loro ricchezza di ferro. Il Ferro della carne, diversamente dal ferro dei vegetali, è inserito in un composto molto ossidante (Fe-eme) che catalizza, nell’intestino, la sintesi di sostanze cancerogene, fra cui le nitrosamine. I salumi sono più pericolosi delle carni fresche perché sono addizionati di nitriti e già contengono nitrosamine. Altri fattori ipotetici sono le ammine eterocicliche, sostanze cancerogene che si formano cuocendo le carni ad alte temperatura o per lungo tempo (ma se ne formano altrettante, anzi di più, cuocendo le carni bianche, non associate al cancro intestinale), la ricchezza di grassi saturi, che ostacolando il funzionamento dell’insulina aumentano la disponibilità di glucosio e di fattori di crescita, e l’effetto pro-infiammatorio della carne rossa (lo stato infiammatorio cronico favorisce la crescita dei tumori).
C’è chi sostiene che il rischio sarebbe dovuto all’allevamento intensivo dei bovini, nutriti con cibi diversi dal loro cibo naturale, mentre l’allevamento tradizionale, con le bestie al pascolo, non sarebbe nocivo, per la diversa qualità della carne, per la minore quantità di grassi, e per l’assenza di antibiotici e altri farmaci.. In realtà, se il fattore cancerogeno principale è il Fe-eme, è ragionevole ipotizzare che anche le carni da allevamenti tradizionali aumentino il rischio. Anche le carni bovine magre, inoltre, aumentano lo stato infiammatorio. C’è poi chi sostiene che il rischio dipenderebbe solo dalla cottura ad alta temperatura, ma allora dovremmo osservare un aumento di rischio anche con le carni bianche.
Il Codice Europeo per la Prevenzione del Cancro (ECAC, European code against cancer) redatto da un gruppo di lavoro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per conto dell’Unione Europea, raccomanda di evitare salumi e carni lavorate e di limitare il consumo di carni rosse fresche. Aggiungerei che qualora proprio volessimo mangiare carni rosse sarebbe meglio arricchire il piatto con molte verdure, cioè con molte sostanze antiossidanti.